mercoledì 18 giugno 2008
NAPOLI FILM FESTIVAL AL VIA
Parte con qualche incertezza, il Napoli Film Festival. I dieci giorni di cinema che dal 1998 sconvolgono Napoli, portando sul Golfo giovani talenti e grandi nomi del Cinema Italiano e internazionale, quest’anno rendono omaggio al teatro, con un percorso che si snoda passando anche per l’elemento tragico, proponendo trasposizioni cinematografiche delle Troiane e della Medea. Scelta degli organizzatori non casuale, visto che in città si svolge parallelamente il Teatro Festival Italia. In ogni caso, a dispetto di una locandina che sembra promettere puro intrattenimento – Un contenitore che svetta da un Vesuvio e un Golfo di puro popcorn – in realtà si cerca di valorizzare in varie sezioni Cinema e Corto d’Autore, ma anche pellicole di più autentica vocazione commerciale, tutte però legate da un carattere di bellezza e cultura. Films da amare o maledire, ma che non lasciano indifferenti. E quindi, ecco il riscatto dall’oblio de La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, o la riproposizione alla presenza del genio Milos Forman del magnifico Amadeus in versione Director’s Cut. Classici in edizioni restaurate, proiezioni speciali con gli Autori, e libere lezioni di cinema, dando visibilità ai piccoli capolavori del circuito nostrano ed europeo che spesso non trovano distribuzione. Tra stand ancora smontati, e qualche ritardo organizzativo, si stagliano i manifesti di cinema realizzati in decenni dalla migliore arte cubana. I posters Accompagnano gli appassionati, nel buio suggestivo di Castel Sant’Elmo, e verso il chiarore chic del cinema America Hall. La sensazione è che il Festival fino al 16 giugno porterà una ventata d’aria nuova alla città e al mercato, ora fermo, dell’intrattenimento. Nomi come Mario Monicelli, Willem Dafoe, Julien Temple, Alessandro Gassman, e film com Il Gattopardo, Suspiria, Un borghese piccolo piccolo, dovrebbero costituire un notevole richiamo. Intanto, il primo giorno di Festival ha visto una proiezione de “The Women of Troy” poco incoraggiante, con sole 8 persone in sala. Invece, la successiva proiezione della “Medea” di Lars Von Trier, eccettuati alcuni inconvenienti dovuti al pubblico, implacabile sui sottotitoli, e in certi casi al limite della maleducazione, ha regalato una visione della tragedia che pur calata in atmosfere e colori danesi, ha fatto registrare un buon apprezzamento. La storia eterna dell’amore tradito e dei sogni infranti di Medea, che usa le arti magiche per colpire Giàsone e la sua amante Glauce, fino a rinunciare al bene più prezioso, i suoi figli, è stata resa dal regista del Dogma fisica, sensoriale e disturbante, rendendo in pellicola quel che raramente riesce: il silenzio e l’uso del tempo teatrale. Sconsigliabile a chi intenda il cinema come pura evasione e agli ansiosi, giacchè ogni passo, ogni raggio di sole, galoppo di cavalli, agitarsi di onde, e infuriare di vento è stato da Von Trier centellinato, contravvenendo volutamente a troppi canoni di fotografia, inquadratura e dialogo, per non affascinare. Un cinema diverso, primitivo, inimitabile, faticoso da girare, e forse da amare.
GIANLUCA IOVINE
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